L’uva da tavola ha vissuto un 2013 di forti stress che ha delineato in modo chiaro le esigenze di mercato dei prossimi anni, L’analisi è di Pietro Giacovelli, titolare dell’azienda Giacovelli Srl, che nel 2013 ha confermato un trading di 15.000 tonnellate di uva da tavola, di cui oltre l’80% su canali commerciali esteri.
“L’annata agraria – dice Giacovelli – non ha favorito produzioni di eccellente qualità, per squilibri nella fase di fioritura e crescita del frutto, in particolare negli impianti privi di copertura per l’anticipo. In secondo luogo, il mercato è stato segnato da conferimenti non all’altezza: nel 2012 l’uva da tavola destnata alla trastormazione di succhi d’uva e mosto muto realizzava prezzi molto elevati, arrivando a competere con le quotazioni per il consumo fresco. Questa scia di entusiasmo tra i produtton ha spinto nel 2013 a minimizzare gli interventi in campo di acinatura e cura del grappolo, ipotizzando una seconda annata di conferimento redditizio nelle cantine. Ma quest’anno i prezzi liquidati in vinificazione hanno raggiunto i minimi storici, spingendo grandi quantità di uva con semi e qualità non ottimale a riproporsi sui mercati da tavola, con il duplice effetto di inibirne i consumi e inflazionare il prezzo.”
D’altro canto – prosegue Giacovelli – il consumatore ha ridotto l’acquisto di uva con semi e si è concentrato sulle apirene. Così, nel 2013 i prezzi delle uve seeded, dall’Italia alla Red Globe sono stati pesantemente penalizzati mentre l’uva apirena (Sugraone, Superior, Crimson, Melissa) ha realizzato importanti volumi e confermato i posizionamenti a valore, raggiungendo anche il 30-40% dei consumi del mercato europeo. Negli ultimi anni la produzione di uve seedless si è piu che raddoppiata ed ha fatto si che i prezzi di queste ultime si siano equiparati a quelli delle uve con semi, ovviamente penalizzate nelle vendite. Molte partite di uva Italia non sono state raccolte fino al penodo natalizio bensi a gennaio a causa dei lenti consumi, senza mai recuperare le quote perse nei mesi autunnali.”
“Possiamo ipotizzare – conclude Giacovelli – che la dabacle di qualche decennio fa di varietà come la Pizzutella e la Regina, diventati ormai prodotti di nicchia, si ripeterà nei prossimi anni con l’uva Italia e Vittoria. In un futuro di crisi pluriennale per i produttori di uve con semi, auspicio è che questi si ritaglino un mercato di nicchia per soddisfare quei consumatori in cerca del gusto moscato che solo l’uva Italia sa dare, ma soprattutto si rassegnino all’idea che, come all’estero, la maggior fetta di mercato per i prossimi anni sarà occupata da uve senza semi.”